UN BIMBO UNA POESIA

Il palloncino rosso

Vola nel cielo un palloncino,
rosso rosso nel gran turchino.
Col gambo di spago tremolante
nel suo regno fugge esultante.

Rossa bolla di fantasia
sempre più in alto vola via:
tra uccelli e nubi se ne va
a godersi la libertà.

L'additano tutti allegramente,
lo rimpiange un bimbo solamente.

Marcello Argilli

Filastrocca colorata

Davanti alla scuola cadon le foglie,
scendono piano, nessuno le coglie.

Davanti alla scuola stanno i bambini
quest’anno vestiti di grembiulini:

i grembiulini son tutti neri,
senza colori, che tristi pensieri!

Ma Caterina, la bimba sagace,
ha avuto un’idea che a tutti piace:

tanti bambini, tanti colori,
come arcobaleni e corolle di fiori.

Arriva per primo il povero Piero,
indossa ancora un grembiule nero;

ecco che di corsa compare Pino
che sfoggia un grembiule azzurro marino,

azzurro come gli occhi di Mirella
che ha un grembiule colore di stella

e cammina per mano al dolce Carletto
che porta un grembiule verde e violetto

rosso è il grembiule di Donatella
che così pensa di esser più bella,

però è bellissimo anche Leone
col suo grembiule tutto arancione.

Elegantissima è pure Lulù
nel grembiulino tutto blu

cammina a braccetto all’amica più cara,
ha un bianco grembiule e il suo nome è Lara.

 

L'agnellino di Pasqua

Una chiara mattina di primavera
- ascoltate bene, la storia è vera! -
nonno Pino da poco alzato
apre la porta ed esce nel prato.

Nonno lavora con zappa e rastrello,
innaffiatoio, guanti e cappello:
nel piccolo prato già son fiorite
ben dieci viole e tre margherite.

Mentre è tutto indaffarato
all'improvviso ode un belato:
"Chi sarà mai che bela al mattino?
Non vedo nessuno qui nel giardino"

 

Filastrocca dei doni

Pensate per Natale
a qualcosa di speciale?
Prendete la scatola delle matite
- e che siano bene appuntite -
un foglio di carta marrone
(la carta da pacco, quella
che ha lo stesso colore
del magico sacco di Babbo Natale,
se no il gioco non vale…)
e poi sui fogli tracciate
strofe e rime colorate,
versi allegri e buoni
per avvolgere i vostri doni.

Alla mamma sul pacchetto
scrivete la poesia del bacetto
della buonanotte, con fiori
e nastri e fiocchi di tanti colori.
Sul regalo di papà
la filastrocca del gol che farà
la sua squadra del cuore,
e anche un rombo di motore
per tornare a casa presto la sera
a raccontarvi una storia vera.

Bimbi
 

Olio su tela di Luisa Caeroni

 

Verde è il grembiule di Raffaella
e rosa l’ha Mimma, la sua sorella.

Ogni bambino ha il proprio colore,
e storia e pensieri e batter di cuore,
ha la faccia ciccia o magretta,
capelli lunghi o a spazzoletta,
ha pelle nera, bianca o biscotto,
tondi o profondi o a mandorla gli occhi.
Se corre e inciampa si sbuccia i ginocchi,
se è triste e piange gli gocciola il naso,
se ride e canta non è per caso:
l’uguaglianza è faccenda di cuore,
non si comanda, basta l’amore.

 

 

C'è un fiocco di lana sul biancospino:
è il ricciolo nuovo di un agnellino,
un ramo oscilla come fatato,
si apre la siepe, il mistero è svelato.

Su quattro zampette un poco tremanti
il piccolo agnello già viene avanti,
arriva accanto a nonno Pino,
gli lecca le scarpe, gli fruga il taschino.

E' Pasqua oggi ed è proprio bello
vedere il nonno che abbraccia l'agnello
e con le campane dal suono argentino
sentir cantare uomo e agnellino.

 

 

Per avvolgere il dono di Piero
usate il manto dell'uomo nero,
(che non esiste, è tutta una finta
questa fandonia di fosca tinta…)
e sopra tracciate figure gioconde,
soli gialli e bianche lune rotonde.
Sul pacchetto di zia Rita
dipingete un intreccio di dita,
quelle dita che muove con abilità
quando la maglia sferruzza e fa.
Sul pacchetto di nonno Michele
disegnate api d'oro ed un vaso di miele
per guarire l’odiosa sua tosse.
E contro il freddo, pantofole rosse
saranno il dono per nonna Pia
in carta d'argento con poesia.

Avete altro ancora da regalare?
Continuate le rime. Non vi potete stancare!

 

Eleonora Bellini

Se fossi...
una giraffa

Se fossi una giraffa
vorrei bere sempre alla caraffa
con il mio collo lungo sei metri
alla mamma pulirei i vetri,
diventerei la più alta della classe
invece d'esser tra le più basse,
con questa pelle liscia e pezzata
da tutti quanti sarei invidiata
di tante scale non avrei bisogno
per raggiungere il mio sogno!

Alba Bravi

da
"Se fossi... Fantasticherie di bimbi"
EdiGiò - Collana "Le tartarughe"


Illustrazione di Ilaria Violini

Il bosco

Il bosco era di tutti
serviva a noi bambini,
per correr la domenica
appresso ai palloncini.

Il bosco era di tutti
per farci la merenda
oppure per giocarci
nascosti in una tenda

Il bosco ci serviva
al ritorno dal mare
per stendere l'amaca
e all'ombra riposare.

A briscola giocava
sopra un tavolinetto
il nonno, mentre nonna
faceva l' uncinetto.

Il bosco era di tutti,
dei babbi e delle mamme
che un giorno maledetto
lo hanno visto in fiamme.

 

 
 

Ci siamo messi a correre
spinti dalla paura
perché quella pineta
non era più sicura.

Degli uomini cattivi
gli alberi hanno bruciato
e in breve il nostro bosco
era carbonizzato.

Non sono mai cresciuti
quegli uomini cretini
non sono stati certo
neppure mai bambini.

Azzurra Contini

La bolla di sapone

La bolla
spunta a poco a poco dalla cannuccia,
si arrotonda, cresce, si colora.
Poi riflette la finestra,
i vasi di fiori in cielo.

E il bimbo,
prima di lanciarla al vento,
ci si specchia dentro.
La fa dondolare lievemente,
poi la stacca.

La bolla s'innalza,
brilla un istante al sole e sparisce

 

Gabriele D'annunzio    

Filastrocca di carnevale

Carnevale vecchio pazzo
s'è venduto il materasso
per comprare pane e vino
tarallucci e cotechino.

E mangiando a crepapelle
la montagna di frittelle
gli è cresciuto un gran pancione
che somiglia ad un pallone

Beve e beve e all'improvviso
gli diventa rosso il viso
poi gli scoppia anche la pancia
mentre ancora mangia, mangia...

Così muore Carnevale
e gli fanno il funerale;
dalla polvere era nato
ed in polvere è tornato.

 

 

Babbo Natale

Lo conoscete il vecchio barbuto
rosso il vestito di spesso velluto
rosso il cappuccio, la grossa cintura
fatta di lucida pelle assai scura?

Bianca la barba, lieto, bonario,
solo per un giorno del calendario
gira portando dolci e balocchi
sotto la neve che scende a fiocchi.

Voi lo sapete chi è quel tale?
col sacco in spalla?...Babbo Natale!

Sorelle De Benedetti

Monello

Zompa, gira salta e balla
corre appresso ad una palla,
come punto da uno spillo
s'alza simile ad un grillo.

Sulla sedia c'é la scossa,
s'alza e cade in una fossa.
Pesca al fiume quattro carpe
scioglie i lacci delle scarpe

Tira sassi con la fionda
fa una barca che s'affonda
poi s'arrampica al cancello
fa la vita da monello.

Natale al nido

Al nido il Natale si aspetta con gioia
si fanno i lavori e non ci si annoia
si prendono foglie con bacche incollate,
si attaccano all’ albero un poco indorate.

Al nido il Natale si aspetta così
si mangia si beve si fa la pipì
si canta, si balla si fischia, si suona
si va in bicicletta si applaude in poltrona.

Chi lotta accanito sul gran tappetone
e chi si ripara in un grande cartone.
La cesta dei giochi diventa una nave,
chi nuota, chi piange, chi ride soave.

Mannaggia il destino che fa litigare,
è meglio far pace è meglio cantare.
Al babbo Natale che porta i balocchi
incollo i capelli, poi il naso, poi gli occhi.

E’ bianca la barba che attacco sul viso
e mentre lavoro ho il moccio nel naso.
Ma sono impegnato, non mi alzo di qui,
al nido il Natale lo aspetto così.

Appena finito riposerò a letto,
poi porterò a mamma il mio lavoretto,
Riceverà in cambio carezze e bacini
sarò coccolato da adulti e bambini.

E il giorno più bello finita l’attesa
vedrò al mio risveglio la grande sorpresa,
dolciumi e regali con grande allegria
avrò per Natale però a casa mia.

 

La cesta dei giocattoli

Se avete un bambolotto
che non vi serve più
un gioco, un orsacchiotto
o uno scooby-doo.

Se in fondo ad un cassetto
trovate una pallina
oppure un pinocchietto
insieme alla fatina.

Peluche, costruzioni,
pupazzi un po’ pelosi,
gli oggetti per voi inutili
per noi sono preziosi.

Abbiamo l’intenzione
di porli in una cesta
così pei vostri bimbi
sarà ogni giorno festa.

La volpe e l'uva

L'uva sta lassù
la volpe osserva e pensa
mi piacerebbe averla
quest'oggi alla mia mensa.

Fa un salto per staccarla
dai rami della vite
ma il grappolo sta in alto
e casca a gambe unite
Un'altro salto ancora
ricade sopra l'erba
la volpe e se ne va
dicendo " tanto è acerba"

Margherita Farfa

Pensiero sui nonni

“Nessuno può fare per i bambini
ciò che fanno i nonni,
essi spargono polvere di stelle
nella vita dei più piccoli"

Alex Haley

 

 
 

Amico golf

Preferisco il golfino alle vecchie giacchette;
è morbido e ricorda le lepri e le caprette;
leggero quando corri, pesante quando siedi
e che, quando lo lavi, ti arriva fino ai piedi.

Katrhyn Jackson

Il lettone di mamma

Se la notte hai un po' di paura
c'è sempre un'isola che è sicura
se nel cielo balena un lampo
in mezzo all'isola trovi scampo.

Se la bua ti tiene sveglio
vai nell'isola e già stai meglio.
Se al mattino presto ti desti
a ruzzolare nell'isola resti.

Per tutti i bimbi alti una spanna
isola grande è il lettone di mamma!

Lucia Martini

Filastrocca della fata

Dolce, miciotto,
chicco o tigrotto,
principe, mago
o amor speciale...
sì proprio a te ora voglio parlare
per dirti cose un po’ pazze e un po’ rare
per dirti cose venute dal cuore...

Io sarò maga, strega o farfalla,
ninfa del bosco o prima stella,
nata dal nulla o da fresca rosa,
magica bella o misteriosa...
... oppure nuda al cospetto del re...
solo un pensiero che è dentro di te...

Sarò la stella dei tuoi tarocchi
o la fatina e se solo mi tocchi...
tutto trasformo ed anche te...
forse in ranocchio,
forse in quel re...

E sarai bacio su labbra ardenti,
fuoco che brucia tutti i tormenti…
Tu che sei lacrima fuggita piano,
se chiudi gli occhi sentirai la mia mano...

Mano che sfiora per darti amore
ma non andare oltre le ore
di questo tempo...
che tutto annulla…
resta con me per sempre oltre il nulla...

Gabriella Manzini

E' meglio scrivere di riso che di lacrime.
Perché il riso è il segno dell'uomo.

F. Rabelais

I bambini là fuori

I bambini là fuori, ridono di gioia
vedendo uno sprazzo di sole
che sbuca tra le nuvole.
Sono gli stessi con cui, tra qualche anno,
dividerai il buio degli sguardi e il silenzio
delle parole.
Sono gli stessi che sfrecceranno sulle strada,
ombre tetre, mutilando la carezza
delle foglie.
Forse lo sono, anzi, lo sono certamente.
Ma intanto ridono, e alzare la testa
per vedere il sole, è anche per te, ora,
una forma vitale di follia.

Ivano Mugnaini

Arcobaleno
 
Fotografia di Fausta Genziana Le Piane

Papaveri

Sui bordi del sentiero
tra spighe un po' dorate
macchie di papaveri
si accendono per me

La polvere nasconde
il nitido celeste
e copre insieme ai fiori
la tristezza che c'è in me

Paperotto giallo

Un paperotto col becco giallo
sul lago azzurro rimane a mollo
può stare fermo, può navigare
può andare avanti e poi tornare.

Un paperotto com'è felice
pescare all'alba assai gli piace
andando insieme coi paperini
a farsi belli con i bambini,

che in riva al lago stanno contenti
ad osservare quei movimenti
muovono l'acqua con le bacchette
a fare le onde tra le barchette.

 

 

 
Mirta Oderisi

Sole beone

Nel mattino fresco e splendente
la mamma il fresco bucato stende
e quando infine il giorno declina
la mamma ritira la tela fina.

La tocca il bimbo, poi le domanda:
"Ma dov'è l'acqua della tela bianca?".
"Il sole se l'è venuta a bere".
"Davvero, non lo posso credere!",
dice il bambino. "Vorrei sapere
chi ha visto il sole qui fuori a bere".

E il giorno dopo lui porta fuori
un poco d'acqua vicino ai fiori,
e poi nascosto dietro al limone
resta a spiare il sole beone.

Pham Ho

 
 
 

Finalmente Tecla

Con una capriola
sei scivolata in braccio
alla tua Vita,
vela leggera
fra le pieghe del mondo.
Al tuo apparire,
tappeti di violini
hanno accordato il cuore
a un contrabbasso
che sillabava
note stonate
in cerca di un assolo.
E un altro cuore,
quello di tua Madre,
coniato con la lava
dell'Amore
ti si è donato
dal cavo spalancato
della mano.

... e fu subito Eva

Ho sentito quel brivido di luna
che diceva alla stella più lontana:
è nata Eva!
E il campanile più dimenticato
della piccola chiesa abbandonata
che ripeteva: ...Eva è nata!
E la rondine stanca, già rientrata
sotto l'antico tetto,
si stringe fra le ali un rondinotto,
l'ultimo nato della sua covata.
E il sole che vestiva l'altro cielo
contrariato
di non essere nato in quel momento
ha aspettato impaziente
che diventasse bianco
per regalarti quella prima aurora.

 

Gabriella Quattrini

Scorcio di Albano (Roma)
 

Acquerello di Vladimir Khasiev

Il giornale dei gatti

I gatti hanno un giornale con tutte le novità
e sull'ultima pagina la "Piccola Pubblicità".

"Cercasi casa comoda con poltrona fuori moda:
non si accettano bambini perché tirano la coda".

"Cerco vecchia signora a scopo compagnia.
Precisare referenze e conto in macelleria".

"Premiato cacciatore cerca impiego in granaio".
"Vegetariano, scapolo, cerca ricco lattaio".

I gatti senza casa la domenica dopo pranzo
eggono questi avvisi più belli di un romanzo:
per un'oretta o due sognano ad occhi aperti,
poi vanno a prepararsi per i loro concerti.

Gianni Rodari

Compleanno

Oggi che è il tuo compleanno
e ti trovi un anno in più
ti auguriamo di ottenere
tutto quello che vuoi tu

La tua vita sia propizia
d'allegria e senza affanno
come oggi che festeggi
lietamente il compleanno

Al mio papà

Una frase avevo in mente,
ma non mi ricordo più
Era molto interessante
e c’entravi proprio tu.

Tu, papà, che sei… che cosa?
Ecco… adesso mi ricordo…
Voglio dirti che sei tu
il più simpatico del mondo!

Carnevale

Forza venite gente
è il dì di carnevale
la festa delle maschere
quando ogni scherzo vale

Venite mascherati
oppure come siete
abbiamo dolci e "chiacchiere"
e vino per chi ha sete

Faremo quattro salti
con musica e canzoni
e qualche gioco buffo
daremo ai bimbi buoni.

Coriandoli e stellette
saran buttati via,
ci metteremo in posa
per la fotografia

Auguri

Non ho tempo per pensare
lo sapete ho un gran da fare
ma ho da dirvi un pensierino
anche se sono un bambino

E facendovi gli auguri
perché non so far di meglio
posso dirvi con un bacio
tutto il bene che vi voglio.

Anna Rosellini         

Mamma

Oggi voglio pensare a mamma mia
che per me è la più bella che ci sia
e sempre io mi voglio ricordare
dei sacrifici che le vedo fare

Per darci gioia pensa a noi, ci cura
e ci prepara alla vita futura.
Oggi noi figli siamo tutti insieme
per dirle quanto le vogliamo bene

E' la sua festa oggi e lieta sia
perché siam tutti insieme a mamma mia.

Maria

Con quegli occhi di carbone
mi rammenti una canzone
che si canta a casa mia
la canzone di Maria

Il sorriso sempre pronto
che t'illumina il bel volto
il più bello che ci sia
è il sorriso di Maria

La Befana

La befana vecchina, vecchina
il sei gennaio vien poverina
con un sacco sulle spalle
pieno di bambole bici e cavalli

La notte vien dal camino
con la veste da contadina
col vestito tutto stracciato
porta doni e cioccolato

Ma ai bambini birichini
porta... cenere e carboni!

Notte di Natale

C'è la neve sulla siepe,
c'è una stella sul presepe
e c'è un bimbo che sorride
nella gelida capanna...

Ninna nanna.

Lo difendono dal gelo
la Madonna col suo velo,
l'asinello col suo fiato...
Anche il bove immacolato,
a scaldarlo, ecco s'affanna...

Ninna nanna.

Come nevica di fuori!
Ma gli agnelli ed i pastori
vanno, fra nevischio e vento
e un grande angelo d'argento
scende in terra e grida "Osanna!"...

Ninna nanna.

 

Farfalle bianche

Le casette stupefatte
sono bianche come il latte.
Tutto è bianco a monte e a valle...
E’ un diluvio di farfalle.
Lungo i tetti sopra i rami
che merletti! che ricami!
Che stupore per gli uccelli!
Che cappucci sugli ombrelli!

Pasquale Ruocco

Soltanto la mia mamma

Nella culla naturale
delle tue braccia candide
m'accoccolerei,
adagerei il capo piano
e mi rannicchierei
contro il tuo cuore
per riposare,
per placare gli affanni
come una bambina,
come da bambina,
come quando io ero bambina
e tu non eri donna,
soltanto la mia mamma.

Francesca Santucci

 
dalla raccolta poetica La vana attesa, Penna d’autore, novembre 2000

 
olio su tela di Luisa Caeroni

Francesca Santucci

I DUE UCCELLINI

L'amicizia è un'anima sola che vive in due corpi.
Aristotele

Si era distinto subito nella nidiata quell’uccellino, perché, anche se, come gli altri suoi fratellini, al caldo del nido, intanto che attendeva la premurosa genitrice di ritorno con il cibo (teneri germogli, piccoli vermetti da ingoiare avidamente) guardava verso il cielo azzurro e sognava di volare, la sua mamma, controllando attentamente tutti i piccoli uno ad uno, aveva subito realizzato che era nato svantaggiato: non gli sarebbero mai spuntate le ali!
-Povero lui, povero lui, che destino infelice gli si preparava!- affranta pensava- Non solo non avrebbe mai provato le gioie e la libertà del volo, ma non avrebbe nemmeno avuto lunga vita. In un mondo in cui avrebbe dovuto sfrecciare di continuo nel cielo, in voli e ricorse gioiose, anche in fughe precipitose, per sfuggire ad eventuali artigli predatori, come, povero piccolo, poteva pensare di cavarsela, privo degli strumenti del volo?
Tra i suoi figli era di certo quello sfortunato, perciò lo amava ancor di più, ed allora, maggiormente amorevole, lo nutrì e lo crebbe, ed il piccolino venne su bene; ed anche se, una volta svezzato, non spiccò l’agognato volo verso il cielo insieme ai suoi fratellini, imparò, seppur maldestramente, goffamente, a zampettare qui e là, e a gioire dei voli altrui.
Consapevole che mai avrebbe potuto volare, non riusciva ad impedirsi di sognarlo, e ci provava pure nella realtà; emettendo strani versi, gonfiando il petto, sbuffando e arrancando, cercava di spiccare un balzello più alto degli altri, in modo da avere almeno l’illusione del volo.
-Chissà cosa si provava a volteggiare lassù- si chiedeva -in alto, in alto, fra le nuvolette bianche e rosa, fra i ciuffi di cirri rosa e viola che s’allungavano al tramonto nel cielo turchino della primavera; e a sorvolare, al sole infuocato di fine estate, i biondi campi gonfi di spighe di grano maturo, ove rossi papaveri sfrontati occhieggiavano; e a sfiorare i roseti, dove le languide regine dei fiori dalle testoline rosa e bianche, gialle e rosse, le rose, esalavano al vento le loro ultime tiepide fragranze, prima di dirigersi verso nuovi paesi più caldi per non esser sorpresi dai primi brividi autunnali, presagio dei crudeli rigori invernali! Meschino, mai avrebbe potuto sentire sulle sue piume la carezza del vento o il tiepido bacio del sole o il leggero brivido di una pioggerellina estiva o il primo rigore invernale!
E fu così che, in un giorno di maggiore tristezza, all’ombra di un ciuffetto di timorosi ciclamini selvatici, dove si era nascosto per non rivelare alla sua mamma afflitta il suo dolore, cominciò a piangere a dirotto, ma qualcosa quasi subito lo distolse dalle sue lacrime… ma sì, era un altro pianto.
-Chi era che piangeva? Possibile che qualcuno soffrisse più di lui?- E sì, più di lui, perché quel pianto non era un flebile lamento, era un grido di dolore…
Pian pianino, a piccoli saltelli, fra l’intrico dei rovi brinati, si spinse fin al luogo dal quale proveniva quel pianto, e fu qui che scoprì una piccola creatura piumata come lui, un uccello bellissimo, con delle superbe ali lunghe e variamente colorate ripiegate, ahimé, all’ingiù, che piangeva disperato.
-Ma perché mai una creatura tanto splendida (e fortunata… beata lui, le ali le aveva!) piangeva disperata?-pensò.
Lo scoprì quasi subito: la sventurata creatura aveva le zampine mutilate, erano stati i rovi a ferirla, ed ora rivoli di sangue scorrevano sui suoi teneri arti.
D’istinto, fratello nel dolore, si avvicinò e cercò di rincuorarlo, ma l’uccellino ferito s’accorse che chi gli parlava era, a sua volta, pur se diversamente, mutilato, ed allora cercò di consolarlo, ma l’altro non desisteva dal consolarlo a sua volta.
Si vergognava, l’uccellino senz’alì, si vergognava tanto del suo pianto di prima! Non aveva le ali, è vero, non poteva volare, è vero, ma la sua vita non era in pericolo imminente, quella dell’altro sì: di certo sarebbe morto o dissanguato o d’inedia, o perché un crudele rapace, approfittando della sua difficoltà, l’avrebbe ghermito e divorato in un battibaleno.
Ed allora cominciò a piangere insieme a lui e, stringendoglisi contro il più possibile, gli sussurrò:
-Non ti lascio, non morirai da solo, ti starò accanto fino alla fine, mi lascerò morire anch’io con te.
Ed iniziò a raccontare di come fosse stato ugualmente bella la sua vita anche senza le ali, saltellando qui e là tra l’erbetta fresca ed i fiori minuti e colorati, fischiando e cantando, sotto gli sguardi dall’alto attenti dei suoi fratellini e della sua mamma, di come gli volassero sempre intorno per proteggerlo.
Ma a sua volta anche l’uccellino morente, nella lenta agonia, trovò la forza per raccontargli qualcosa di sè, gli raccontò del senso di libertà provato nel volare, dei cieli nei quali aveva volato, dei tramonti rossi e oro in condizioni di tempo favorevoli, grigi e plumbei quando in agguato c’era un temporale, e dei mari di cobalto e di smeraldo che aveva sorvolato nella stagione buona, ma anche di quelli bigi in burrasca in cui, qualche volta, pure si era imbattuto.
E così i due uccellini sfortunati diventarono amici, e l’uccellino senz’ali ce la metteva proprio tutta per confortare lo sfortunato compagno al quale, sempre più, venivano meno le forze.
Improvvisa giunse la bufera di neve; bianchi fiocchi fitti fitti cominciarono a cadere implacabili giù dal cielo, ammantando ogni cosa di neve, che subito diveniva gelida coltre.
Sempre più debole diveniva l’uccellino mutilato, ormai era allo stremo, denutrito, infreddolito. Anche se l’uccellino senz’ali aveva tentato di nutrirlo con bacche ed erbette, e di riscaldarlo intrecciando con il becco (con della lanugine miracolosamente scovato nell’anfratto di un tronco) una morbida sciarpina, con la quale lo teneva ancor più stretto a sé, le forze lo abbandonavano e lentamente si consumava il suo sangue; sui suoi occhi già calavano le tenebre oscure, ma, ancora, l’ostinato compagno, pure indebolito, gli ripeteva.
-Non ti lascio, non morirai da solo, ti starò accanto fino alla fine, mi lascerò morire anch’io con te.
Ed insieme si avviavano a morte certa quando, in un sussulto di vita, l’uccellino senz’ali pensò di tenerlo desto col canto, e cominciò a cantare, lui che non aveva mai cantato prima, d’un canto dolce e melodioso, prima più forte, poi sempre più piano, sempre più piano, ma l’eco di quella tenera e disperata melodia arrivò lontano, lontano, lontano…
Ecco che, d’improvviso, nell’aria ci fu come un lieve fremito, e si udì un timido batter d’ali, e una voce dolcissima di donna, che così parlò :
-Nessuno morirà, non morirà nessuno, vivrete entrambi, insieme, per sempre!
Era la Fata del Cielo; da lassù aveva seguito la triste vicenda dell’uccellino senz’ali e quella dell’uccellino con le zampine ferite, ed assistito al nascere della loro amicizia, ed udito l’accorata melodia.
Discese con piccoli cerchi concentrici, allargando il suo mantello azzurro trapuntato di stelline d’oro, e con i morbidi capelli color del grano avvolse i due sventurati in un morbido abbraccio, e li riscaldò, e con le labbra mielate pronunciò parole dolci, e li rincuorò, infine agitò nell’aria la magica bacchetta di cristallo, e toc, la posò sull’uno, e toc la posò sull’altro, dicendo:
-Sacra è la vostra amicizia, perché nei vostri destini sventurati non siete stati egoisti, vi siete preoccupati l’uno dell’altro, perciò per entrambi ali e zampine nuove io voglio: e così sia! Ed ora, via, volate, sani e in libertà!- ordinò la Fata.
Ed all’unisono i due compagni sfrecciarono in volo tra le nuvole, sotto gli occhi sbalorditi della mamma, dei fratellini, delle regine dei fiori, dei ciclamini, dei rovi, delle bacche, e di tutte le creature del bosco, e per giorni e giorni e giorni furono visti zigzagare felici nell’aria che, a lungo, anche dopo che scomparvero alla vista di tutti, risuonò dell’eco delle loro risa gioiose.